[Devi essere iscritto e connesso per vedere questo link]di VALERIA ROSSI – Continuano, purtroppo, i casi di cani regolarmente vaccinati contro il parvovirus che si ammalano (e a volte muoiono): ma dopo un articolo su Repubblica del dicembre 2012, che faceva riferimento all’epidemia che aveva colpito i cani del canile della Muratella a Roma, nessuno ne ha più parlato e la cosa è finita nel dimenticatoio… tranne che per i proprietari dei cani che cadono vittime di questa patologia, e che vorrebbero capire cosa stia effettivamente succedendo.
C’è una nuova variante del virus?
C’è qualche misteriosa mutazione? I vaccini che inoculiamo ai nostri cuccioli li proteggono davvero, oppure no?
Circa un mese fa abbiamo pubblicato la nota di un allevatore che, trovandosi alle prese con il dannato virus, si è informato meglio che poteva e dopo essersi consultato con il proprio veterinario e con “il professore dell’ Università Veterinaria di Bari che ha isolato il nuovo ceppo e lo sta studiando” (così aveva scritto) aveva iniziato un protocollo diverso da quello tradizionale, riscontrando nel proprio allevamento la scomparsa totale del problema.
Quella nota, che si può leggere qui, l’abbiamo pubblicata perché, pur non provenendo da ambiente medico, ci era sembrata quantomeno sensata (e perché siamo abbastanza dell’idea che, come si suol dire… “piuttosto che niente, meglio piuttosto“).
Se l’ambiente medico non ci illumina, insomma, anche una lampadina non-medica può essere di qualche utilità a fare almeno una piccola luce su un problema che appare sempre più serio.
Restava, però, il dubbio sul fatto che ciò che “sembrava sensato” a noi fosse sensato anche per il resto del mondo: quindi abbiamo approfittato al volo della segnalazione di una lettrice, medico veterinario, che ci ha indicato il nome del “professore di Bari” a cui faceva riferimento la nota.
L’abbiamo subito interpellato (con un certo timore reverenziale: perchè non è che i mega-scienziati siano sempre così disposti a chiacchierare con chi gestisce semplicemente un sito cinofilo)… trovando, innanzitutto, una cortesia e una disponibilità che citiamo prima di tutto il resto (insieme alla chiarezza e alla comprensibilità, anch’esse merci rare!), non solo perché è giusto farlo ma anche perché, se si trovasse sempre una simile apertura della scienza verso i “comuni mortali”, forse molti dubbi verrebbero superati, molte notizie importanti avrebbero la corretta diffusione e staremmo sicuramente tutti molto meglio, umani e cani.
Quindi, prima di tutto, un GRAZIE maiuscolo al professor Canio Buonavoglia, docente di Malattie Infettive presso l’Università di Bari (di cui è stato anche preside, mentre oggi è Direttore del Dipartimento di Medicina Veterinaria): ma la cosa più importante è che del cosiddetto “nuovo ceppo” il professor Buonavoglia è stato proprio lo scopritore… tanto che, in ambiente medico, la variante 2C è detta anche “variante di Bari”.
Perché “nuovo ceppo” tra virgolette?
Perché – come ci spiega lo stesso professore – la sua scoperta non è poi così “nuova”: infatti il virus è stato isolato nel 2000, e il primo lavoro che ne parlava è stato pubblicato nel 2001 sul “Journal of general virology“, la più importante rivista scientifica di virologia umana.
Insomma, sono 13 anni che si conosce questa variante del parvovirus!
Professor Buonavoglia, dopo tutto questo tempo è corretto dire che nessun vaccino è stato “mirato” su questa variante del virus?
Purtroppo sì: confermo che nessun vaccino in commercio comprende la variante 2C: ma questo sarebbe ancora il male minore.
Il vero problema sta nel fatto che soltanto due ditte, la Virbac e la Fort Dodge (che fa parte della Wyeth, acquistata nel 2009 dalla Pfizer, NdR), hanno cambiato la variante originale 2 con la 2B, che dà una copertura vaccinale sufficientemente efficace perché è molto simile alla variante 2C.
Tutti gli altri vaccini sono basati sul ceppo originario e quindi hanno un’efficacia decisamente ridotta.
“Sufficientemente efficace” significa che neppure i vaccini che contengono la 2B sono efficaci al 100%?
La variante 2C è leggermente diversa. Ma la parola chiave sta proprio nel “leggermente”.
Per essere più chiaro, faccio l’esempio dei vaccini antinfluenzali umani: il virus dell’annata 2012-13 non è stato proprio identico a quello dell’anno precedente e quindi l’efficacia vaccinale è risultata minore… ma non del tutto assente, perchè comunque si trattava di virus molto simili tra loro.
Ma per quale motivo le ditte farmaceutiche non producono un vaccino che copra anche la nuova variante?
Probabilmente per un mero problema di costi. Ma in parte anche perché il vaccino che contiene la variante 2B è abbastanza efficace anche contro la 2C: non posso parlare di dati certi, ma così a grandi linee direi che possiamo indicare un 80-90% di validità.
Sono le versioni più vecchie ad essere scarsamente efficaci… e il vero problema è proprio questo: ad eccezione delle due ditte di cui sopra, tutte le altre producono vaccini che contengono ancora la variante 2 (scoperta nel 1978), che non appare più in alcun animale dal 1985.
Ecco: sempre come stima, per questi vaccini potremmo parlare di un’efficacia ridotta del 50%.
Noi, qui a Bari, abbiamo identificato la variante 2C in un cane (morto di parvo) che esaminammo nel 2000: riferimmo subito questa scoperta al mondo accademico e la notizia venne immediatamente ripresa in tutta Europa, ma anche negli Stati Uniti, nell’Est asiatico… insomma, in tutto il mondo.
Per questo sono rimasto abbastanza sorpreso quando “Repubblica” ha pubblicato l’articolo sui cani della Muratella dando grande enfasi alla notizia di una “nuova mutazione”: era nota da dieci anni, altro che nuova!
Il fatto è che il mondo scientifico ha fatto le sue sperimentazioni sull’efficacia dei vaccini preesistenti sulla nuova variante…ma l’esperimento pilota consisteva nel vaccinare un campione di cani e poi facendo dopo un mese le prove di infezione (ovvero mettendoli a contatto con la nuova variante 2C).
Ne dedussero che “tutto andava ben, madama la marchesa”.
Purtroppo non è del tutto corretto verificare a un mese dalla vaccinazione… tant’è che, sul campo, diversi cani regolarmente vaccinati si ammalano. E si ammalano un po’ perché le condizioni sul campo sono diverse da quelle sperimentali e un po’, forse, perché non sappiamo quanto effettivamente duri l’efficacia del vaccino: normalmente i richiami si fanno dopo un anno, ma sarà un tempo corretto? Quello che è stato dimostrato è che il vaccino è efficace dopo un mese. Dopo… non si sa.
A proposito di tempi e modi, nella nota che abbiamo pubblicato si parlava della somministrazione intranasale. Cosa può dirci in proposito? E’ davvero più efficace?
Sicuramente sì, perché uno dei problemi più seri della vaccinazione è la presenza degli anticorpi colostrali.
In pratica, il cucciolo riceve dalla madre (se vaccinata) i suoi anticorpi, che lo proteggono per una cinquantina di giorni dopo la nascita: ma questi anticorpi funzionano a tuttotondo… ovvero, funzionano anche contro gli antigeni che introduciamo con la vaccinazione!
Per questo si raccomanda ormai universalmente di non vaccinare troppo presto i cuccioli: perché il virus presente nel vaccino verrebbe immediatamente attaccato dagli anticorpi colostrali e distrutto prima che l’organismo possa produrre nuovi anticorpi “suoi”.
Dopodiché l’efficacia degli anticorpi materni finisce… e il cucciolo non è protetto, perché il vaccino è stato “inattivato” appena entrato nell’organismo.
Che si fa, allora? I casi sono due: o si fa una titolazione degli anticorpi prima di vaccinare (procedura che però, oltre ad essere costosa, non è sempre praticabile), oppure ci si inventa una via di somministrazione diversa da quella parenterale, in modo che gli anticorpi materni vengano in un certo senso “ingannati” e non possano inattivare troppo presto il virus.
La somministrazione attraverso le mucose nasali non è certo una scoperta dell’ultima ora: la si pratica da tempo nei bovini e perfino nell’uomo, in alcuni casi.
Questa via permette di risolvere il problema perché il virus, entrando – per così dire – “dalla porta di servizio”, non viene immediatamente localizzato e ha il tempo di replicarsi prima di essere riconosciuto e aggredito: così l’organismo può sviluppare i propri anticorpi e la copertura vaccinale è assicurata.
Ma se la cosa è così semplice, perché nessuno ne parla?
Perché, purtroppo, questo protocollo non è stato validato da nessuna casa farmaceutica: il che apre il campo ad alcune sgradevoli possibilità. Mettiamo, per esempio, che un cane muoia d’infarto (per cause che nulla hanno a che fare con il vaccino) proprio mentre il medico sta utilizzando per la vaccinazione questa via “alternativa” e non presente sulle istruzioni della ditta produttrice: il cliente potrebbe anche aggrapparsi alla non ufficialità della procedura per intentargli una causa… e questo ovviamente preoccupa parecchi veterinari.
Per altri vaccini (per esempio quello contro la bordetella) questa via di somministrazione è autorizzata e specificata nelle istruzioni, quindi il problema non si pone: ma per la parvo nessuno, fino ad oggi, ha pensato di validarla.
Concludendo: stando a quanto affermato da una vera e propria autorità nel campo delle malattie infettive veterinarie:
a) il protocollo più efficace per la vaccinazione NON è autorizzato dalle case farmaceutiche per motivi del tutto ignoti (forse perché gli scoccia ristampare i “bugiardini” aggiungendo una riga…);
b) diverse case farmaceutiche hanno tuttora in commercio vaccini che proteggono contro una variante del virus scomparsa da quasi trent’anni, mentre sono efficaci solo al 50% circa contro i virus che i nostri cani possono trovarsi ad affrontare oggi
Di fronte a questo desolante panorama non resta, ai proprietari e agli allevatori responsabili, che:
a) chiedere al proprio veterinario di leggere con molta attenzione la composizione dei vaccini e di utilizzare esclusivamente quelli che comprendono la variante 2B (ovvero quella più simile alla 2C, che nessuno finora si è filato di pezza e contro la quale, quindi, non esiste in commercio alcun vaccino).
b) trovare possibilmente, un veterinario “coraggioso” disposto a somministrare il vaccino per via nasale (magari firmandogli una bella dichiarazione che lo libera da ogni responsabilità), visto che con questa metodologia si possono proteggere i cuccioli abbastanza precocemente (IMPORTANTE: solo con un vaccino monovalente, specifico per la parvo) senza rischiare interferenze da parte degli anticorpi materni.
E stavolta non lo dice un semplice allevatore, ma un ricercatore specializzato che da 33 anni si occupa proprio di questo virus, che è stato il primo a scoprire la variante 2C e che è una vera autorità in materia… oltre ad essersi dimostrato, lo ripetiamo ancora una volta perché ci sembra quantomeno doveroso, una persona veramente squisita.