RICKETTSIOSI NEL CANE
Le rickettsiosi sono malattie infettive a carattere zoonosico sostenute da microrganismi appartenenti alla famiglia delle Rickettsiaceae, tribù Rickettsiae. Gli agenti eziologici alla base delle febbri maculose o eruttive sono rappresentati dalla Rickettsia conori e dalla Rickettsia rickettsii responsabili, rispettivamente, della febbre bottonosa del Mediterraneo e della febbre maculosa delle montagne rocciose (RMSF).
Gruppo | Ospite accidentale
| Serbatoio
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• RMSF (Rickettsia rickettsii)
| Persone, i cani
| Cani, roditori
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•Boutonneuse fever (Rickettsia conorii)
| Persone
| Cani, roditori
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• Salmone avvelenamento ( Neorickettsia helminthoeca) | Persone
| Cani, volpi
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• febbre Q (Coxiella burnetii)
| Persone, i cani
| Bovini, ovini, capre, gatti
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Febbre delle Montagne Rocciose (RMSF) EziologiaLa RMSF è sostenuta dalla Rickettsia rickettsiae, parassita intracellulare obbligato della famiglia Rickettsiaceae, tribù Rickettsiae, genere Rickettsia. I membri appartenenti a questo genere sono trasmessi da pulci, acari e pidocchi.
Le Rickettsiae sono batteri Gram negativi, di dimensioni comprese tra 0,25-0,3 µm di lunghezza e 0,3-0,5 µm di larghezza. Sebbene in possesso di un corredo enzimatico autonomo, che consente loro di produrre energia sotto forma di ATP attraverso l’ossidazione del glutammato, essi sono parassiti intracellulari obbligati; ciò sembrerebbe derivare dalla elevata permeabilità della membrana citoplasmatica che non riuscirebbe a controllare il pool di composti intracellulari a basso peso molecolare, l’equilibrio elettrolitico e quindi il bilancio osmotico.
Le Rickettsiae sono in grado di sopravvivere a lungo solo all’interno delle cellule, mentre vengono inattivate molto rapidamente nell’ambiente esterno.
Quasi tutte le Risckettsiae mostrano una spiccata predilezione per gli endoteli.
Esse si riproducono, nel citoplasma ospite e più raramente nel nucleo, per scissione binaria.
Epidemiologia e ciclo biologicoOggi devono essere prese in considerazione soprattutto la febbre bottonosa (sostenuta da Rickettsia conori) diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo e la febbre maculosa delle montagne rocciose (sostenuta da Rickettsia rickettsii) molto diffusa negli Stati Uniti e segnalata in Europa per la prima volta nel 1993 (Gravino e coll.).
Le zecche rappresentano uno degli ospiti naturali della Rickettsia rickettsii oltre ad essere un serbatoio di riserva e a fungere da vettori del microrganismo. Gli invertebrati coinvolti nel ciclo biologico del batterio sono il Dermatocentor andersoni, Dermatocentor variabilis ed il Riphicephalus sanguineus. Nelle zecche si verifica la trasmissione transovarica o verticale, e trans-stadiale incompleta delle Rickettsiae; la progenie di una femmina infetta sarà in grado di veicolare l’infezione ad eventuali ospiti su cui gli acari si attaccheranno per nutrirsi di sangue.
Le femmine dopo l’accoppiamento, si staccano dalla cute del cane e cadono sul terreno dove depongono le uova. Dalle uova origineranno le larve e poi, per mutazione, le ninfe. La persistenza nell’ambiente, della Rickettsia rickettsii, è legata al fatto che le larve e le ninfe parassitano preferenzialmente piccoli mammiferi quali topi, scoiattoli e volpi. Non tutti però sviluppano una parassitemia tale da infettare le zecche.
In particolare, il cane ha una parassitemia molto fugace per cui rappresenta un serbatoio di breve durata a differenza dei roditori e dei piccoli mammiferi.
Le zecche per diventare infette, devono ingerire numerose Rickettsie: se non si raggiunge un certo numero di batteri, l’infezione non coinvolge le ovaie e non si verifica trasmissione verticale. Le zecche si infettano maggiormente durante lo stadio di larva e ninfa poiché si nutrono su piccoli roditori caratterizzati da marcata rickettsiemia. La Rickettsia rickettsii moltiplica nelle ghiandole salivari e nell’intestino medio e la zecca infetta trasmette la malattia al nuovo ospite durante il proprio pasto di sangue, proprio attraverso le secrezioni salivari.
PatogenesiL’infezione viene trasmessa al cane con il morso di una zecca infetta nella quale le Rickettsie in fase di quiescenza riacquistano virulenza per effetto dei fattori termici o nutrizionali. Penetrate all’interno della cute, le rickettsie vengono diffuse attraverso il sistema circolatorio e linfatico in ogni distretto organico, preferendo le cellule endoteliali delle venule, arteriole, cute, cervello, polmone, rene, cuore, fegato, milza, pancreas e tratto gastrointestinale dove avviene la replicazione. All’interno delle cellule, la Rickettsia rickettsii sfugge al fagosoma con l’aiuto di una fosfolipasi.
L’interazione della Rickettsia con le membrane delle cellule ospiti causa emolisi ed altri effetti tossici e degenerativi con successiva necrosi cellulare, aumento della permeabilità vascolare e vasocostrizione. In seguito penetrano nelle porzioni profonde della parete vascolare interessando lo strato muscolare e l’avventizia.
Le lesioni che ne conseguono consistono principalmente in una microvasculite necrotizzante, con accumulo perivascolare di neutrofili e linfociti e presenza di cellule linforeticolari. Nel corso di queste reazioni, gli anticorpi si legano con l’antigene per formare un complesso immune che attiva il complemento, agendo come stimolo chemiotattico.
I danni endoteliali determinano una marcata attrazione delle piastrine che aderiscono alle cellule endoteliali infette: la conseguenza di tale aggregazione è la diminuzione del numero di piastrine circolanti. Tuttavia la trombocitopenia è sempre moderata e le manifestazioni emorragiche di cute, mucosa, congiuntiva e retina sono l’effetto diretto delle vasculiti localizzate.
Sintomi cliniciLa RMSF ha un andamento acuto-subacuto con un periodo di incubazione di 2-4 giorni. La malattia si manifesta principalmente con febbre molto elevata (<40°), depressione o alterazione del sensorio, anoressia, letargia, scolo oculocongiuntivale, congestione sclerale, edema delle labbra e dello scroto, vomito e diarrea, epato-splenomegalia.
Talora sono presenti tosse, dispnea e deficit respiratori.
Non sono rare, le sindromi vestibolari e le manifestazioni nervose con nistagmo, deviazione della testa, andatura in circolo e crisi epilettiche.
Indagini di laboratorioNon esistono reperti ematochimici caratteristici; può essere presente leucopenia seguita da modesta leucocitosi ed una moderata trombocitopenia con valori più frequentemente compresi tra 70.000 e 110.000 piastrine per µl. Sul versante biochimico si registrano spesso aumento delle fosfatasi alcaline, ALT, AST, colesterolo e glucosio con diminuzione della albumina sierica. Si verifica un marcato aumento della VES oltre che un allungamento del tempo di protrombina e tromboplastina.
DiagnosiLa metodica sierologia che permette di svelare la presenza di anticorpi specifici contro la Rickettsia rickettsii è l’immunofluorescenza indiretta. La risposta immunitaria è caratterizzata da produzione di immunoglobuline M presenti alla prima settimana post-infezione e presenti per i successivi 30 giorni, e dalle immunoglobuline G che, al contrario, sono rilevabili solo dopo 2-3 settimane dall’infezione. I titoli tendono a diminuire nei 3-6 mesi successivi all’infezione ma possono persistere elevati fino a 10 mesi; sono possibili reazioni crociate tra le Rickettsie appartenenti al gruppo delle malattie da Febbri Eruttive, ma solitamente il titolo specifico più elevato si riferisce alla specie che ha causato l’infezione.
Per ovviare a tali problematiche, oggi sono disponibili tecniche di biologia molecolare, quali la polimerase chain reaction (PCR), dotate di elevatissima specificità.
TerapiaLa terapia indicata contro le rickettsiosi è quella antibiotica: il farmaco d’elezione è rappresentato dal gruppo delle Tetracicline. La terapia deve essere intrapresa alla comparsa dei primi sintomi e deve essere continuata per non meno di 21 giorni. La doxiciclina, alla dose di 5-10 mg/kg al giorno, si è rivelata molto efficace nel cane, facendo registrare un netto miglioramento clinico sin dai primi giorni di trattamento. Nelle forme nervose della rickettsiosi è preferibile utilizzare la minociclina, alla dose di 5 mg/kg ogni 12-24 ore, in quanto supera più agevolmente la barriera ematoencefalica, perfondendo nel sistema nervoso centrale.
Fonte: Università degli Studi di Napoli Federico II (A. E. Gravino Dipartimento Scienze Cliniche Veterinarie – Napoli)