Dipende dal regolamento Comunale per la tutela degli animali, dalla Asl e dalla Regione di dimora, dipende anche se con indipendente intendi un appartamento, una bifamiliare o una casa con giardino e se i tuoi cani sono regolarmente registrati all'anagrafe canina.
C'è una sentenza proprio in Piemonte che ti può interessare, vedi questo link:
http://www.laprevidenza.it/news/leggi-e-normative/quanti-animali-d&rsquoaffezione-si-possono-tenere/4989
E ho trovato anche questa, sempre della regione Piemonte, un po' datata ma fornita di tutti gli articoli di legge che fanno al caso tuo.
Purtroppo il mio antivirus segnala che il sito in cui risiede (http://www.avda.it) ha una URL pericolosa perciò sono costretta a fare un copia e incolla della sentenza.
Sentenza Jallà
Una sentenza importante del Consiglio di Stato stabilisce il principio che per i cani di proprietà non è possibile stabilire un limite predeterminato e che l’unico principio da rispettare è il benessere degli animali.
Il caso
Il D.P.G.R. 4359\93 – Decreto del Presidente della Giunta Regionale - Regolamento di attuazione della legge regionale del Piemonte 34\93- recepimento della legge nazionale 281\91, stabilisce che i proprietari di cani debbano obbligatoriamente realizzare un canile quando il numero dei cani mantenuti supera i cinque.
Una signora - Gabriella Jallà - abitante nel comune di Nizza Monferrato, ospitava in una casa indipendente, dotata di un ampio terreno circostante, 17 piccoli cani.
La locale Asl ha provveduto, in seguito ad un sopralluogo, ad elevare verbale di maltrattamento e di carenze igienico sanitarie contestando nel contempo la condizione di canile abusivo poiché i cani erano superiori al numero di cinque previsto dal regolamento suddetto.
La signora è stata verbalizzata e sanzionata non solo ai fini della legge regionale ma anche per maltrattamento animale.
Il ricorso, contro tale sanzione, presentato dalla sig.ra Jallà è stato respinto dal Tar regionale del Piemonte.
In seguito, la signora Jallà ha presentato ricorso presso il Consiglio di Stato che ha ribaltato la prima sentenza, ed in particolare alcuni elementi contenuti nella sentenza meritano particolare attenzione e sono riportati di seguito.
(Qui di seguito pubblichiamo un commento alla sentenza del Consiglio di Stato)...
La sentenza
Il Consiglio di Stato si è espresso il 29 agosto 2006, con sentenza rubricata nel Registro Ordinanza 4457 e Registro Generale 5413\206.
La sentenza interviene proprio sul tema del rapporto che si determina nel mantenimento dei cani relativamente al concetto di canile.
Nella memoria difensiva, il cui impianto è stato accettato dalla sentenza del Consiglio di Stato, si fa riferimento al fatto che l’articolo 6 del D.P.G.R. 4359\93 contiene “le norme che disciplinano gli impianti privati in cui si detengono cani e gatti”, laddove, in tutta la disciplina in materia il termine “impianti” si riferisce a tutte le strutture (gestite da privati o da enti) nelle quali gli animali sono detenuti a scopo di allevamento, ricovero, pensione o addestramento. Nulla ha a che fare con la detenzione personale di animali. La disciplina è infatti ispirata alla fondamentale distinzione tra detenzione personale, che soggiace ai più generali criteri dell’art. 1 del Regolamento e dell’art. 3 della legge n, 34\93, i cui rispetto richiede una valutazione specifica e puntuale e la detenzione in impianti che è sottoposta ad autorizzazione sanitaria (anche perchè gli animali detenuti sono di terzi e destinati a terzi, nell’ambito cioè di attività in qualche modo commerciali e destinate appunto al pubblico) ed ai criteri predeterminati dall’art.6 del Regolamento. Imporre l’assimilazione delle due fattispecie è operazione interpretativa che esorbita la lettera delle norme in esame e pare in contrasto inequivocabile con i principi che animano la materia, tradendone la ratio ispiratrice.
La predetta lettura non trova conferma né nella legge 833\78 istitutiva del servizio sanitario regionale né nel dpr 320\\54 Regolamento di Polizia veterinaria né la legge 281\91 in materia di prevenzione del randagismo né la l.r Piemonte n., 34\193 in materia di tutela degli animali d’affezione.
Anche la Circolare 3.31999 prot. 2922\27\008 della Regione Piemonte – settore Sanità Animale e Igiene degli Allevamenti - a firma del Direttore regionale Mario Valpreda – che, con riferimento al quesito prot. N. 88 dell’11.01.1999, avente ad oggetto la detenzione di animali d’affezione espressamente afferma : “le modalità di detenzione degli animali d’affezione vengono regolamentate dagli artt. 2,3,4 della L.R. n.34\93 e nel dettaglio dall’art.1 del regolamento di attuazione. Il numero massimo di soggetti,compatibili con la detenzione personale, non è stato rigidamente fissato: invece all’art. comma 4 della L.R. 34\93 si precisa che la detenzione è vincolata a numero e condizioni tali da non causare problemi di natura igienica o sanitaria. D’altra parte anche i parametri numerici previsti dal regolamento DPGR n.4359\93 all’art.6, comma 1, limiti oltre i quali è necessaria l’autorizzazione sanitaria del Sindaco, sono stati fissati con la finalità di evitare che concentramenti animali vengano impropriamente considerati assimilabili alla detenzione personale, con gli inevitabili problemi di carattere igienico-sanitario che ne conseguono” Ne consegue che, con riferimento alla detenzione personale, non vi siano limiti numerici prederminati né criteri predeterminati, dovendosi valutare concretamente le relative condizioni igienico-sanitarie.
Ne consegue altresì che nel caso dell’ordinanza in oggetto non si può dare erroneamente per scontato che un privato che detenga a titolo personale più di cinque cani debba costruire un impianto, leggasi canile, ed essere in possesso di autorizzazione sanitaria.
A ulteriore conferma di quanto sopra affermato si consideri che l’art6 comma 2 DPGR 4359\93 prevede l’autorizzazione sanitari, ai sensi del regolamento di polizia veterinaria ( DPR 320\54) rilasciata dal Sindaco, previa istruttoria favorevole dei servizi Veterinario e di Igiene pubblica della Asl, per gli impianti gestiti da privati o da Enti a scopo di allevamento, ricovero, pensione, commercio o addestramento”. Di nuovo, nel caso in questione non ricorre alcuna di queste tipologia.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza ricordata ha accolto il ricorso contro l’ordinanza del TAR del Piemonte - Torino Sezione II n.138\2006 affermando:
“Considerato che ad un primo sommario esame la norma che limita il numero degli animali detenibili non appare applicabile ai soggetti che li detengono a fini affettivi;
Considerato che nel caso di specie il fine commerciale non appare adeguatamente provato; Considerato che rimane fermo il potere dell’amministrazione di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’igiene pubblica e il buono stato di salute degli animali”.
La sentenza del Consiglio di Stato quindi stabilisce in maniera inequivocabile che la detenzione di animali a scopo d’affezione non rientra in una casistica definibile come canile e che gli unici criteri di valutazione sono la tutela dell’igiene pubblica e il benessere dei cani.